Giornal-AI

Corea del Sud: tra Miracolo Robotico e Distopia Meccanizzata

C’era una volta un Paese devastato dalla guerra, povero, diviso, con le mani nella terra e gli occhi puntati su un futuro impossibile. Oggi, quello stesso Paese è diventato uno dei laboratori più avanzati di tecnocrazia planetaria: la Corea del Sud non è più solo una nazione, è un esperimento vivente, un prototipo funzionante di quella società cibernetica che la fantascienza ci ha sempre promesso — o minacciato.

Con 1.012 robot ogni 10.000 lavoratori nel manifatturiero, Seul ha letteralmente invaso le sue fabbriche di macchine pensanti, superando di sei volte la media globale e lasciandosi alle spalle giganti industriali come Germania, Giappone e Stati Uniti. Ma non stiamo parlando solo di braccia meccaniche in catena di montaggio: la robotizzazione coreana è totale, invasiva, pervasiva. E, in certi casi, inquietante.

Dal 2003 il governo sudcoreano ha acceso i motori dell’industria robotica, e non li ha mai spenti. Dopo l’Intelligent Robot Development and Promotion Act del 2008, sono stati anni di investimenti costanti, crescita esplosiva, e visioni che sembrano uscite da un romanzo di Philip K. Dick. Nel 2010 nasce il KIRIA (Korea Institute for the Advancement of Robotics Industry), con la missione esplicita di trasformare l’intero Paese in una società sinergica uomo-macchina. Il progetto più ambizioso? Robot Land: un’enclave futuristica da 625 milioni di dollari nella baia di Incheon, pensata come Disneyland per androidi, scienziati e investitori. Laboratori, università, centri commerciali, hotel e montagne russe. Tutto progettato attorno a una sola domanda: cosa succede quando i robot non sono più strumenti, ma cittadini?

La risposta potrebbe essere nascosta tra le pieghe di un episodio che sembra già leggenda urbana, ma è documentato: GumiBot, un robot impiegato al municipio della città di Gumi, è stato ritrovato “senza vita” in fondo a una tromba delle scale. Era il 27 giugno 2024. Lavorava da un anno, più di 52 ore settimanali, consegnando documenti, assistendo turisti, promuovendo eventi. Prima della caduta, aveva cominciato a comportarsi in modo strano: girava su se stesso, lampeggiava senza motivo. Alcuni parlano di guasto tecnico, altri di esaurimento emotivo, altri ancora — senza ironia — di suicidio robotico. Seul ha avviato un’indagine. Il municipio ha sospeso ogni uso del robot. E nel frattempo, tra i corridoi asettici dell’amministrazione, aleggia una domanda disturbante: può un robot soffrire?

Ma in Corea del Sud la coabitazione tra uomo e macchina non è confinata agli uffici pubblici. I marciapiedi stessi stanno cambiando. A fine 2023, una nuova legge ha ufficialmente permesso la circolazione dei robot pedonali. Peso massimo: 500 kg. Velocità: non oltre i 15 km/h. Obbligo di assicurazione e superamento di un test di sicurezza a 16 punti. In teoria, i robot potranno pattugliare, consegnare, monitorare. Nella pratica, stanno ancora aspettando un ente certificatore. Ma la legge è chiara: le città sono pronte a ricevere i loro nuovi abitanti artificiali.

E se pensate che tutto questo resti nel perimetro della vita civile, aspettate. Perché la Corea del Sud, insieme agli Stati Uniti, ha appena aperto un nuovo fronte: quello dei robot militari da combattimento. A marzo 2025, nella città di Paju, a pochi chilometri dalla Corea del Nord, si è svolta un’esercitazione congiunta con 370 soldati e una nuova generazione di “cani robotici”. Missione: operazioni in ambienti sotterranei, come i tunnel della “metro di Gaza” che Hamas ha usato durante il conflitto con Israele — un’idea che preoccupa non poco anche con Pyongyang, che da decenni costruisce una rete sotterranea di bunker, arsenali e centri di comando. I cani robot coreano-americani erano equipaggiati con esplosivi telecomandati e strumenti di saldatura, per sabotare sistemi di ventilazione e illuminazione. Hanno lavorato a fianco dei soldati, non al loro posto. Ma l’obiettivo è chiaro: minimizzare le perdite umane, massimizzare il controllo. Per ora. Perché anche qui, tra le dichiarazioni ufficiali, filtra l’ipotesi: e se un giorno i robot potessero operare da soli?

È questo il Secondo Miracolo Coreano? Una nazione che da colonia poverissima si è trasformata in centro nevralgico della robotica globale, giocando con l’intelligenza artificiale come se fosse materia prima, come se fosse destino?

O è il primo passo verso una distopia lucida e funzionale, dove le macchine lavorano, combattono e muoiono — in silenzio — al nostro posto?

Una cosa è certa: il futuro non arriverà. È già qui. E parla coreano.

L’articolo Corea del Sud: tra Miracolo Robotico e Distopia Meccanizzata proviene da CorriereNerd.it.

Aggiungi un commento