In questo momento le Intelligenze Artificiali generative stanno prendendo sempre più piede in diversi settori, dalla musica alle immagini, e la competizione tra gli sviluppatori è sempre più agguerrita. In mezzo a tutto questo, Adobe fa parlare di sé con un nuovo annuncio.
Tutti coloro che si dilettano in arti creative, che siano professionisti o amatori, conoscono il marchio Adobe, la suite di programmi per la creatività più utilizzata al mondo e ha conquistato il cuore di molti. Sicuramente avrete sentito parlare di Photoshop e Illustrator, anche se magari non li avete mai utilizzati direttamente.
Finalmente, Adobe ha annunciato l’uscita di Adobe Firefly dalla fase beta, la famiglia di applicazioni IA ora disponibile nell’app Creative Cloud. Tra le diverse funzionalità di Adobe Firefly ci sono il “generative fill”, che permette di espandere un’immagine lasciando che sia il software a generare ciò che manca, e una correzione dei colori gestita interamente dall’IA. Inoltre, su Adobe Express, l’editor online gratuito di Adobe, sarà possibile generare testo-immagine e utilizzare un chatbot IA che fungerà da “co-pilota” nella creazione di immagini.
Molte delle IA per la generazione di immagini, soprattutto i servizi gratuiti, si basano su un sistema di “punti” per limitare il numero di immagini che possono essere generate da ogni utente. Anche Adobe ha deciso di adottare questa strategia, assegnando a ciascun utente una quantità variabile di punti in base all’abbonamento ai servizi. Ad esempio, gli utenti di Photoshop riceveranno 500 crediti con un abbonamento di circa €24,00, mentre gli abbonati a Creative Cloud ne riceveranno 1000 con un costo di circa €36,00 al momento.
La differenza principale tra Adobe Firefly e le altre IA generative è il materiale utilizzato per addestrare l’Intelligenza Artificiale. Secondo Adobe, a differenza dei suoi principali concorrenti come Midjourney, Stability XL e anche DALL-E 2 di OpenAI, Firefly utilizza esclusivamente immagini prese da Adobe Stock per l’addestramento della generazione testo-immagine. Inoltre, Adobe dichiara che gli artisti che hanno contribuito ad Adobe Stock riceveranno un bonus annuale in base al numero di immagini e contenuti che hanno contribuito, anche se non è specificato l’importo del bonus.
Inoltre, Adobe afferma di aver sviluppato un sistema proprietario per contrassegnare i lavori creati o modificati tramite IA. Questo contrassegno verrà automaticamente applicato ai metadati del contenuto generato dall’IA. Adobe è infatti co-fondatrice, insieme a Twitter (ora X) e New York Times, della “Content Authenticity Initiative”, un’associazione di aziende nel campo dei media e della tecnologia, ONG, creativi e studiosi che si pone come obiettivo la promozione della trasparenza dei lavori generati da IA. L’etichetta di provenienza conterrà nomi di asset, dati e strumenti utilizzati durante la creazione ed è indissolubilmente collegata all’immagine stessa.
Il metodo proposto da Adobe è radicalmente diverso da quello utilizzato da Google: invece di un semplice tag sui metadati, Google applica una sorta di “watermark” su ogni pixel dell’immagine. Google afferma che questo metodo non può essere modificato tramite filtri o altre manipolazioni, ma non fornisce molti dettagli su come funzioni esattamente. Tuttavia, anche il metodo della CAI non è immune da manipolazioni da parte di persone malintenzionate che possono modificare i tag dei metadati. Si consiglia agli utenti di utilizzare lo strumento Verify della CAI per verificare eventuali corrispondenze con lavori generati da IA.
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